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Ma, come è nostra buona abitudine consolidata ormai da lungo tempo, procediamo con ordine e iniziamo a comprendere alcuni degli elementi di base che più potrebbero esserci di aiuto e di sostegno nel corso della nostra disanima in tema di monofase e trifase in senso stretto e di modalità di alimentazione di corrente elettrica in senso lievemente più ampio, una analisi la nostra anche abbastanza sintetica per le ben note ragioni di spazio ma che ci auguriamo rimanga sempre e comunque sufficientemente chiara ed esauriente per chi ci legge. Ovviamente, in maniera intuibile, una certa preparazione di base o comunque una discreta dimestichezza con l’argomento se non proprio d’obbligo è comunque consigliata: di qui la necessità di venire a contatto con qualche definizione. Non proprie tutte, ma quelle necessarie alla comprensione delle differenze tra monofase e trifase.
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In primo luogo c’è da dire che, anche se è vero che le principali differenze tra monofase e trifase sono sempre le stesse e che quindi il concetto di base vale sia se siamo di fronte ad un impianto elettrico di enormi dimensioni che se stiamo facendo riferimento ad un impianto elettrico in grado di coprire il fabbisogno di corrente elettrico per uso domestico, è meglio per noi comunque contestualizzare i concetti di base di quello che stiamo dicendo nel contesto di un impianto elettrico domestico. In linea di massima, in un caso come questo, quello che accade è che i vari carichi vengono distribuiti secondo il classico metodo delle tre fasi e neutro, vale a dire quelle che vengono comunemente classificate come R, S, T, N. A questo punto quello che succede è che: questo è il metodo classico di erogazione trifase mentre se si calcola la differenza di tensione tra il neutro (N) e un’altre delle fasi si genera la classica tensione alternata monofase.
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