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La necessità di incrementare l'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili deriva non soltanto da considerazioni di carattere ambientale, ma anche economiche. Per un paese come il nostro, la cui bolletta energetica va a riflettersi in maniera molto evidente anche sulle finanze di famiglie ed imprese, legarsi a fonti fossili situate in paesi lontani e in aree politicamente instabili rappresenta un pericolo non da poco. Come è stato reso evidente dalle guerre mediorientali o dalla guerra civile in Ucraina, il prezzo di petrolio e gas può aumentare sensibilmente e riflettersi in maniera drammatica sul sistema paese. Motivo che spinge il nostro e altri paesi a cercare alternative in grado di diminuire la dipendenza dall'esterno. Le fonti rinnovabili possono essere una risposta adeguata in tal senso.
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Il riscaldamento globale è uno dei motivi che hanno spinto i governi mondiali a cercare alternative energetiche in grado di ridurre l'emissione di sostanze nocive e il consolidarsi dell'effetto serra. Proprio per cercare di dare risposte concrete in tal senso, è stato varato il Protocollo di Kyoto, firmato nel dicembre del 1997 da oltre centottanta governi di ogni parte del mondo. Esso prevede per i paesi contraenti l'obbligo di ridurre le emissioni di una serie di gas serra, tra cui il biossido di carbonio, nel periodo tra il 2008 e il 2013, in una misura dell'8% almeno nei confronti del livello registrato nel 1990. La condizione necessaria per la sua entrata in vigore era che almeno 55 governi, capaci di cumulare non meno del 55% delle emissioni nocive, lo ratificassero. Una condizione raggiunta solo con l'adesione della Russia, avvenuta nel corso del 2004.
In ambito europeo, la risposta che è stata elaborata al fine di cercare di aiutare il pianeta si è concretizzata con il cosiddetto "Piano 20-20-20". Si tratta di un provvedimento il quale prevede la riduzione del 20% di emissioni inquinanti entro il 2020, puntando su risparmio energetico e fonti rinnovabili. Proprio recentemente, le prime indiscrezioni trapelate in ambito comunitario sembrano però prefigurare un chiaro fallimento dell'obiettivo, in quanto sarebbe stato raggiunto un target compreso tra il diciotto e il diciannove per cento. Tra le cause indicate, la mancata obbligatorietà delle misure previste. Anche il piano che dovebbe sostituirlo nel decennio successivo potrebbe a sua volta essere fissato al ribasso, ovvero ponendo come obiettivo il ventotto per cento, al posto di quel quaranta indicato dai settori più avvertiti dell'ambientalismo internazionale.
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